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Oculi mei

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Aprire gli occhi e tenerli spalancati con uno sguardo attento e umile, non è facile. “Aprimi gli occhi perché io veda le meraviglie della tua legge” (118, 18). Con il nostro solo sforzo, rischiamo di vanificare la vista, levare gli occhi con superbia (cfr. 130, 1), lanciare silenziosi strali di cattiveria, disprezzo. Signore, abbassa i miei occhi quando sono superbo” (cfr. 17, 28), in certe situazioni è meglio che Tu offuschi i miei occhi, che io non veda (cfr. 68, 24). “Hanno occhi e non vedono” (113, 13 = 134, 16). “Non strizzi l’occhio chi mi odia senza motivo” (34, 19). “Chi ha occhi altezzosi e cuore superbo non lo potrò sopportare” (100, 5).
Ma gli occhi di D-i-o Dio “sono aperti sul mondo, le sue pupille scrutano ogni uomo” (10, 4b). “A te, Signore mio D-i-o, sono rivolti i miei occhi, in te mi rifugio, proteggi la mia vita” (140, 8). “La tua bontà è davanti ai miei occhi” (25, 4). Gli sguardi che si rincorrono segnano la storia del popolo di D-i-o. “Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa e Tu provvedi loro il cibo a suo tempo” (144, 15). La dimensione comunitaria implica la responsabilità di ciascuno: “non concederò sonno ai miei occhi ... finché non trovi una sede per il Signore” (131, 4.5). È la dimora multiforme del tempio celeste, delle chiese edificate dalla mano dell’uomo, del santuario interiore innalzato dalla Spirito in cui risuona il canto del cuore: una vibrazione che risuona nelle melodie della liturgia.<ref>Commento di Bruder Jakob</ref>
== Testo e traduzioni ==