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=== I. STRUTTURA GENERALE DELLA MESSA (27 - 28) ===
27. Nella Messa o Cena del Signore, il popolo di Dio è chiamato a riunirsi insieme sotto la presidenza del sacerdote, che agisce nella persona di Cristo, per celebrare il memoriale del Signore, cioè il sacrificio eucaristico[37]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Decreto sulla vita e sul ministero sacerdotale, Presbyterorum Ordinis, n. 5; Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 33.</ref>. Per questo raduno locale della santa Chiesa vale perciò in modo eminente la promessa di Cristo: «Là dove sono due o tre radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20). Infatti nella celebrazione della Messa, nella quale si perpetua il sacrificio della croce[38]<ref>Conc. Ecum. Tridentino, Sess. XXII, Dottrina sul santissimo sacrificio della Messa, cap. 1, Denz-Schönm. 1740; cf. Paolo VI, Solenne professione di fede, 3 giugno 1968, n. 24: AAS 60 (1968) 442.</ref>, Cristo è realmente presente nell’assemblea riunita in suo nome, nella persona del ministro, nella sua parola e in modo sostanziale e permanente sotto le specie eucaristiche[39]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 7; Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei, 3 settembre 1965: AAS 57 (1965) 764; Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, n. 9: AAS 59 (1967) 547.</ref>.
28. La Messa è costituita da due parti, la «Liturgia della Parola» e la «Liturgia eucaristica»; esse sono così strettamente congiunte tra loro da formare un unico atto di culto[40]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 56; Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, n. 3: AAS 59 (1967) 542.</ref>. Nella Messa, infatti, viene imbandita tanto la mensa della parola di Dio quanto la mensa del Corpo di Cristo, e i fedeli ne ricevono istruzione e ristoro[41]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 48, 51; Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione, Dei Verbum, n. 21; Decreto sulla vita e sul ministero sacerdotale, Presbyterorum Ordinis, n. 4.</ref>. Ci sono inoltre alcuni riti che iniziano e altri che concludono la celebrazione.
=== II. I DIVERSI ELEMENTI DELLA MESSA (29 - 45) ===
29. Quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella sua parola, annunzia il Vangelo.
Per questo tutti devono ascoltare con venerazione le letture della parola di Dio, che costituiscono un elemento importantissimo della Liturgia. E benché la parola di Dio nelle letture della sacra Scrittura sia rivolta a tutti gli uomini di ogni epoca e sia da essi intelligibile, tuttavia una sua più piena comprensione ed efficacia viene favorita da un’esposizione viva e attuale, cioè dall’omelia, che è parte dell’azione liturgica[42]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn. 7, 33, 52.</ref>.
==== Le orazioni e le altre parti che spettano al sacerdote ====
30. Tra le parti proprie del sacerdote, occupa il primo posto la Preghiera eucaristica, culmine di tutta la celebrazione. Seguono poi le orazioni, cioè: l’orazione di inizio (o colletta), l’orazione sulle offerte e l’orazione dopo la Comunione. Queste preghiere, dette dal sacerdote nella sua qualità di presidente dell’assemblea nella persona di Cristo, sono rivolte a Dio a nome dell’intero popolo santo e di tutti i presenti[43]<ref>Cf. ibidem, 33.</ref>. Perciò giustamente si chiamano «orazioni presidenziali».
31. Spetta ugualmente al sacerdote, per il suo ufficio di presidente dell’assemblea radunata, formulare alcune monizioni previste nel rito medesimo. Quando è previsto dalle rubriche, al celebrante è permesso adattarle in parte affinché rispondano alla comprensione dei partecipanti. Tuttavia il sacerdote faccia in modo di conservare sempre il senso della monizione proposta nel Messale e la esprima con poche parole. Così pure spetta al sacerdote che presiede guidare la proclamazione della parola di Dio e impartire la benedizione finale. Egli può inoltre intervenire con brevissime parole, per introdurre i fedeli alla Messa del giorno, dopo il saluto iniziale e prima dell’atto penitenziale; alla Liturgia della Parola, prima delle letture; alla Preghiera eucaristica, prima di iniziare il prefazio, naturalmente mai nel corso della Preghiera stessa; prima del congedo, per concludere l’intera azione sacra.
32. La natura delle parti «presidenziali» esige che esse siano proferite a voce alta e chiara e che siano ascoltate da tutti con attenzione[44]<ref>Cf. Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Musicam sacram, 5 marzo 1967, n. 14: AAS 59 (1967) 304.</ref>. Perciò, mentre il sacerdote le dice, non si devono sovrapporre altre orazioni o canti, e l’organo e altri strumenti musicali devono tacere.
33. Il sacerdote infatti, in quanto presidente, formula le preghiere a nome della Chiesa e della comunità riunita, talvolta invece anche a titolo personale, per poter compiere il proprio ministero con maggior attenzione e pietà. Tali preghiere, che sono proposte prima della proclamazione del Vangelo, alla preparazione dei doni, prima e dopo la Comunione del sacerdote, si dicono sottovoce.
==== Altre formule che ricorrono nella celebrazione ====
34. Poiché la celebrazione della Messa, per sua natura, ha carattere «comunitario»[45]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn. 26-27; Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, n. 3: AAS 59 (1967) 542.</ref>, grande rilievo assumono i dialoghi tra il sacerdote e i fedeli riuniti e le acclamazioni[46]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 30.</ref>. Infatti questi elementi non sono soltanto segni esteriori della celebrazione comunitaria, ma favoriscono e realizzano la comunione tra il sacerdote e il popolo.
35. Le acclamazioni e le risposte dei fedeli al saluto del sacerdote e alle orazioni, costituiscono quel grado di partecipazione attiva che i fedeli riuniti devono porre in atto in ogni forma di Messa, per esprimere e ravvivare l’azione di tutta la comunità[47]<ref>Cf. Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Musicam sacram, 5 marzo 1967, n. 16 a: AAS 59 (1967) 305.</ref>.
36. Altre parti, assai utili per manifestare e favorire la partecipazione attiva dei fedeli, spettano all’intera assemblea convocata; sono soprattutto l’atto penitenziale, la professione di fede, la preghiera universale (detta anche preghiera dei fedeli) e la preghiera del Signore (cioè il Padre nostro).
==== Importanza del canto ====
39. I fedeli che si radunano nell’attesa della venuta del loro Signore, sono esortati dall’apostolo a cantare insieme salmi, inni e cantici spirituali (Cf. Col 3,16). Infatti il canto è segno della gioia del cuore (Cf. At 2,46). Perciò dice molto bene sant’Agostino: «Il cantare è proprio di chi ama»[48]<ref>S. Agostino di Ippona, Sermo 336, 1: PL 38, 1472.</ref>, e già dall’antichità si formò il detto: «Chi canta bene, prega due volte».
40. Nella celebrazione della Messa si dia quindi grande importanza al canto, ponendo attenzione alla diversità culturale delle popolazioni e alle possibilità di ciascuna assemblea liturgica. Anche se non è sempre necessario, per esempio nelle Messe feriali, cantare tutti i testi che per loro natura sono destinati al canto, si deve comunque fare in modo che non manchi il canto dei ministri e del popolo nelle celebrazioni domenicali e nelle feste di precetto.
Nella scelta delle parti destinate al canto, si dia la preferenza a quelle di maggior importanza, e soprattutto a quelle che devono essere cantate dal sacerdote, dal diacono o dal lettore con la risposta del popolo, o dal sacerdote e dal popolo insieme[49]<ref>Cf. Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Musicam sacram, 5 marzo 1967, nn. 7, 16: AAS 59 (1967) 302, 305.</ref>.
41. A parità condizioni, si dia la preferenza al canto gregoriano, in quanto proprio della Liturgia romana. Gli altri generi di musica sacra, specialmente la polifonia, non sono affatto da escludere, purché rispondano allo spirito dell’azione liturgica e favoriscano la partecipazione di tutti i fedeli[50]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 116; cf. anche il n. 30.</ref>.
Poiché sono sempre più frequenti le riunioni di fedeli di diverse nazionalità, è opportuno che sappiano cantare insieme, in lingua latina, e nelle melodie più facili, almeno le parti dell’ordinario della Messa, specialmente il simbolo della fede e la preghiera del Signore[51]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 54; Cf. Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Inter Oecumenici, 26 settembre 1964, n. 59: AAS 56 (1964) 891; Cf. Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Musicam sacram, 5 marzo 1967, n. 47: AAS 59 (1967) 314.</ref>.
==== Gesti e atteggiamenti del corpo ====
42. I gesti e l’atteggiamento del corpo sia del sacerdote, del diacono e dei ministri, sia del popolo devono tendere a far sì che tutta la celebrazione risplenda per decoro e per nobile semplicità, che si colga il vero e pieno significato delle sue diverse parti e si favorisca la partecipazione di tutti[52]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 30, 34; cf. anche il n. 21.</ref>. Si dovrà prestare attenzione affinché le norme stabilite da questa Introduzione generale e dalla prassi secolare del Rito romano, contribuiscano al bene spirituale comune del popolo di Dio, più che al gusto personale o all’arbitrio.
L’atteggiamento comune del corpo, da osservarsi da tutti i partecipanti, è segno dell’unità dei membri della comunità cristiana riuniti per la sacra Liturgia: manifesta infatti e favorisce l’intenzione e i sentimenti dell’animo di coloro che partecipano.
S’inginocchino poi alla consacrazione, a meno che lo impediscano lo stato di salute, la ristrettezza del luogo, o il gran numero dei presenti, o altri ragionevoli motivi. Quelli che non si inginocchiano alla consacrazione, facciano un profondo inchino mentre il sacerdote genuflette dopo la consacrazione.
Spetta però alle Conferenze Episcopali adattare i gesti e gli atteggiamenti del corpo, descritti nel Rito della Messa, alla cultura e alle ragionevoli tradizioni dei vari popoli secondo le norme del diritto[53]<ref>Cf. ibidem, n. 40; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istruzione Varietates Legitimae, 25 gennaio 1994, n. 41: AAS 87 (1995) 304.</ref>. Nondimeno si faccia in modo che tali adattamenti corrispondano al senso e al carattere di ciascuna parte della celebrazione. Dove vi è la consuetudine che il popolo rimanga in ginocchio dall’acclamazione del Santo fino alla conclusione della Preghiera eucaristica e prima della Comunione, quando il sacerdote dice Ecco l’Agnello di Dio, tale uso può essere lodevolmente conservato.
Per ottenere l’uniformità nei gesti e negli atteggiamenti del corpo in una stessa celebrazione, i fedeli seguano le indicazioni che il diacono o un altro ministro laico o lo stesso sacerdote danno secondo le norme stabilite nel Messale.
==== Il silenzio ====
45. Si deve anche osservare, a suo tempo, il sacro silenzio, come parte della celebrazione[54]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 30; Cf. Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Musicam sacram, 5 marzo 1967, n. 17: AAS 59 (1967) 305.</ref>. La sua natura dipende dal momento in cui ha luogo nelle singole celebrazioni. Così, durante l’atto penitenziale e dopo l’invito alla preghiera, il silenzio aiuta il raccoglimento; dopo la lettura o l’omelia, è un richiamo a meditare brevemente ciò che si è ascoltato; dopo la Comunione, favorisce la preghiera interiore di lode e di supplica.
Anche prima della stessa celebrazione è bene osservare il silenzio in chiesa, in sagrestia e nel luogo dove si assumono i paramenti e nei locali annessi, perché tutti possano prepararsi devotamente e nei giusti modi alla sacra celebrazione.
47. Quando il popolo è radunato, mentre il sacerdote fa il suo ingresso con il diacono e i ministri, si inizia il canto d’ingresso. La funzione propria di questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione, favorire l’unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della festività, e accompagnare la processione del sacerdote e dei ministri.
48. Il canto viene eseguito alternativamente dalla schola e dal popolo, o dal cantore e dal popolo, oppure tutto quanto dal popolo o dalla sola schola. Si può utilizzare sia l’antifona con il suo salmo, quale si trova nel Graduale romanum o nel Graduale simplex, oppure un altro canto adatto all’azione sacra, al carattere del giorno o del tempo[55]<ref>Giovanni Paolo II, Lett. Ap. Dies Domini, 31 maggio 1998, n. 50: AAS 90 (1998) 745.</ref>, e il cui testo sia stato approvato dalla Conferenza Episcopale.
Se all’introito non ha luogo il canto, l’antifona proposta dal Messale romano viene letta o dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore, o altrimenti dallo stesso sacerdote che può anche adattarla a modo di monizione iniziale (Cf. n. 31).
51. Quindi il sacerdote invita all’atto penitenziale, che, dopo una breve pausa di silenzio, viene compiuto da tutta la comunità mediante una formula di confessione generale, e si conclude con l’assoluzione del sacerdote, che tuttavia non ha lo stesso valore del sacramento della Penitenza.
La domenica, specialmente nel tempo pasquale, in circostanze particolari, si può sostituire il consueto atto penitenziale con la benedizione e l’aspersione dell’acqua in memoria del Battesimo[56]<ref>Cf. sotto, Appendice II.</ref>.
===== Kyrie eleison =====
===== Colletta =====
54. Poi il sacerdote invita il popolo a pregare e tutti insieme con lui stanno per qualche momento in silenzio, per prendere coscienza di essere alla presenza di Dio e poter formulare nel cuore le proprie intenzioni di preghiera. Quindi il sacerdote dice l’orazione, chiamata comunemente «colletta», per mezzo della quale viene espresso il carattere della celebrazione. Per antica tradizione della Chiesa, l’orazione colletta è abitualmente rivolta a Dio Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo[57] <ref>Cf. Tertulliano, Adversus Marcionem, IV, 9: CCSL 1, 560; Origene, Disputatio cum Heracleida, n. 4, 24: SCh 67, 62; Statuta Concilii Hipponensi Breviata, 21: CCSL 149, 39.</ref> e termina con la conclusione trinitaria, cioè più lunga, in questo modo:
- se è rivolta al Padre: Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli;
==== B) Liturgia della Parola (55 - 71) ====
55. Le letture scelte dalla sacra Scrittura con i canti che le accompagnano costituiscono la parte principale della Liturgia della Parola; l’omelia, la professione di fede e la preghiera universale o preghiera dei fedeli sviluppano e concludono tale parte. Infatti nelle letture, che vengono poi spiegate nell’omelia, Dio parla al suo popolo[58]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 33.</ref>, gli manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e offre un nutrimento spirituale; Cristo stesso è presente, per mezzo della sua parola, tra i fedeli[59]<ref>Cf. ibidem, n. 7.</ref>. Il popolo fa propria questa parola divina con il silenzio e i canti, e vi aderisce con la professione di fede. Così nutrito, prega nell’orazione universale per le necessità di tutta la Chiesa e per la salvezza del mondo intero.
===== Il silenzio =====
56. La Liturgia della Parola deve essere celebrata in modo da favorire la meditazione; quindi si deve assolutamente evitare ogni forma di fretta che impedisca il raccoglimento. In essa sono opportuni anche brevi momenti di silenzio, adatti all’assemblea radunata, per mezzo dei quali, con l’aiuto dello Spirito Santo, la parola di Dio venga accolta nel cuore e si prepari la risposta con la preghiera. Questi momenti di silenzio si possono osservare, ad esempio, prima che inizi la stessa Liturgia della Parola, dopo la prima e la seconda lettura, e terminata l’omelia[60]<ref>Messale Romano, Lezionario, seconda edizione tipica, Introduzione, n. 28.</ref>.
=====Le letture bibliche =====
57. Nelle letture viene preparata ai fedeli la mensa della parola di Dio e vengono loro aperti i tesori della Bibbia[61]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 51.</ref>. Conviene quindi che si osservi l’ordine delle letture bibliche, con il quale è messa meglio in luce l’unità dei due Testamenti e della storia della salvezza; non è permesso quindi sostituire con altri testi non biblici le letture e il salmo responsoriale, che contengono la parola di Dio[62]<ref>Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Ap. Vicesimus quintus annus, 4 dicembre 1988, n. 13: AAS 81 (1988) 910.</ref>.
58. Nella celebrazione della Messa con il popolo, le letture si proclamano sempre dall’ambone.
===== L’omelia =====
65. L’omelia fa parte della liturgia ed è vivamente raccomandata[63]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 52; C.I.C., can. 767, § 1.</ref>: è infatti necessaria per alimentare la vita cristiana. Essa deve consistere nella spiegazione o di qualche aspetto delle letture della sacra Scrittura, o di un altro testo dell’Ordinario o del Proprio della Messa del giorno, tenuto conto sia del mistero che viene celebrato, sia delle particolari necessità di chi ascolta[64]<ref>Cf. Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Inter Oecumenici, 26 settembre 1964, n. 54: AAS 56 (1964) 890.</ref>.
66. L’omelia di solito sia tenuta personalmente dal sacerdote celebrante. Talvolta, potrà essere da lui affidata a un sacerdote concelebrante e, secondo l’opportunità, anche al diacono; mai però a un laico[65]<ref>Cf. C.I.C., can 767, § 1; Pontificia Commissione per l’interpretazione autentica del C.I.C., risposta al dubbio circa il can. 767, § 1: AAS 79 (1987) 1249; Istruzione interdicasteriale su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti, Ecclesiae de mysterio, 15 agosto 1997, art. 3: AAS 89 (1997) 864.</ref>. In casi particolari e per un giusto motivo l’omelia può essere tenuta anche dal Vescovo o da un presbitero che partecipa alla celebrazione anche se non può concelebrare.
Nelle domeniche e nelle feste di precetto l’omelia si deve tenere e non può essere omessa se non per un grave motivo in tutte le Messe con partecipazione di popolo. Negli altri giorni è raccomandata, specialmente nelle ferie di Avvento, di Quaresima e del tempo pasquale; così pure nelle altre feste e circostanze nelle quali è più numeroso il concorso del popolo alla chiesa[66]<ref>Cf. Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Inter Oecumenici, 26 settembre 1964, n. 53: AAS 56 (1964) 890.</ref>.
È opportuno, dopo l’omelia, osservare un breve momento di silenzio.
===== La preghiera universale =====
69. Nella preghiera universale, o preghiera dei fedeli, il popolo, risponde in certo modo alla parola di Dio accolta con fede e, esercitando il proprio sacerdozio battesimale, offre a Dio preghiere per la salvezza di tutti. È conveniente che nelle Messe con partecipazione di popolo vi sia normalmente questa preghiera, nella quale si elevino suppliche per la santa Chiesa, per i governanti, per coloro che portano il peso di varie necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo[67]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 53.</ref>.
70. La successione delle intenzioni sia ordinariamente questa:
71. Spetta al sacerdote celebrante guidare dalla sede la preghiera. Egli la introduce con una breve monizione, per invitare i fedeli a pregare, e la conclude con un’orazione. Le intenzioni che vengono proposte siano sobrie, formulate con una sapiente libertà e con poche parole, ed esprimano le intenzioni di tutta la comunità.
Le intenzioni si leggono dall’ambone o da altro luogo conveniente, da parte del diacono o del cantore o del lettore o da un fedele laico[68]<ref>Cf. Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Inter Oecumenici, 26 settembre 1964, n. 56: AAS 56 (1964) 890.</ref>.
Il popolo invece, stando in piedi, esprime la sua supplica con una invocazione comune dopo la formulazione di ogni singola intenzione, oppure pregando in silenzio.
==== C) Liturgia eucaristica ====
72.Nell’ultima Cena Cristo istituì il sacrificio e convito pasquale per mezzo del quale è reso continuamente presente nella Chiesa il sacrificio della croce, allorché il sacerdote, che rappresenta Cristo Signore, compie ciò che il Signore stesso fece e affidò ai discepoli, perché lo facessero in memoria di lui[69]<ref>Cf. Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 47; Sacra Congregazione dei riti, Istruzione Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, nn. 3a, b: AAS 59 (1967) 540-541.</ref>.
Cristo infatti prese il pane e il calice, rese grazie, spezzò il pane e li diede ai suoi discepoli, dicendo: «Prendete, mangiate, bevete; questo è il mio Corpo; questo è il calice del mio Sangue. Fate questo in memoria di me». Perciò la Chiesa ha disposto tutta la celebrazione della Liturgia eucaristica in vari momenti, che corrispondono a queste parole e gesti di Cristo. Infatti:
73. All’inizio della Liturgia eucaristica si portano all’altare i doni, che diventeranno il Corpo e il Sangue di Cristo.
Prima di tutto si prepara l’altare, o mensa del Signore, che è il centro di tutta la Liturgia eucaristica[70]<ref>Cf. Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Inter Oecumenici, 26 settembre 1964, n. 91: AAS 56 (1964) 898; Istruzione Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, n. 24: AAS 59 (1967) 554.</ref>, ponendovi sopra il corporale, il purificatoio, il Messale e il calice, se non viene preparato alla credenza.
Poi si portano le offerte: è bene che i fedeli presentino il pane e il vino; il sacerdote, o il diacono, li riceve in luogo opportuno e adatto e li depone sull’altare. Quantunque i fedeli non portino più, come un tempo, il loro proprio pane e vino destinati alla Liturgia, tuttavia il rito della presentazione di questi doni conserva il suo valore e il suo significato spirituale.