Differenze tra le versioni di "Ut queant laxis"

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Ut queant laxis è l'inno liturgico dei Vespri della solennità della natività di San Giovanni Battista che ricorre il 24 giugno.

La fama di questo inno di strofe saffiche, scritto dal monaco storico e poeta Paolo Diacono, si deve a Guido d'Arezzo, che ne utilizzò la prima strofa per trarne i nomi delle sei note dell'esacordo; A ciascuna sillaba qui evidenziata corrisponde infatti, nella musica dell'inno, la relativa nota con cui è cantata. Da tale criterio convenzionale derivano tuttora i nomi delle note musicali: Ut-Re-Mi-Fa-Sol-La.[1]

Il nome della nota Si non si deve a Guido D'Arezzo, ma fu aggiunto solo nel XVI secolo: infatti il canto gregoriano, e la musica medievale in genere, non prevedevano l'uso della sensibile, cioè del settimo grado della scala. Non stupisce pertanto, nella musica dell'inno in questione, che la nota iniziale del settimo e ultimo verso della strofa non prosegua l'andamento diatonico ascendente delle sillabe iniziali dei 6 versi precedenti (non sia cioè un Si, secondo la notazione moderna, ma un Sol). Il nome della settima nota della scala diatonica fu tratto dalle iniziali delle due parole che compongono detto verso: (Sancte Iohannes = Si).


Testo e traduzioni

Testo latino

Textus

Traduzione liturgica in lingua italiana

testo

Spartiti musicali

Spartito gregoriano, impaginato su foglio formato A4:

600px

Spartito disponibile in formato PDF impaginato su foglio A4, Media:xxx.pdf

Video

Versione tratta dal Liber Usualis (1961), p. pp. 880-881, cantata dai monaci benedettini di Santo Domingo de Silos.

Codice sorgente GABC

codice

Bibliografia

Note

  1. Successivamente la sillaba ut fu sostituita con do; l'artefice della sostituzione fu per lungo tempo erroneamente identificato in Giovanni Battista Doni, il quale nel XVII secolo avrebbe a questo scopo impiegato la prima sillaba del proprio cognome; in realtà l'uso della sillaba do è attestato già nel 1536 (dunque molto prima della nascita di Doni) in un testo di Pietro Aretino, ed è presa dal latino "Dominus".